Alla scoperta dell’underground anni ’90: Bristol e il trip hop

di Alfredo Sgarlato – Da alcuni decenni il mondo della musica è dominato dai revival. Fino ai primi anni ’80 si sono diffusi filoni musicali originali, seppure comparissero revival dei decenni precedenti. Poi solo risciacquature, a volte interessanti, a volte pure copie carbone. Poiché i revival sono ventennali adesso sarebbe il momento della riscoperta dei ’90, ma ormai il mondo musicale vive un eterno presente, o forse è meglio dire un eterno passato, in cui scopiazzature dei Cure come di Johnny Cash convivono felicemente.

Già gli anni ’90 erano così, e anche i filoni musicali più in voga, come il Grunge, non facevano altro che mescolare stili codificati in precedenza, magari anche molto diversi tra loro. Pure qualcosa di buono ci fu, un paio di scene limitate a poche band e città, eppure di grande importanza artistica. Il primo è quello che fu denominato “Trip hop”, ovvero una versione psichedelica dell’hip hop, la musica creata con giradischi e campionatori. Per conoscerlo dobbiamo prima fare un salto indietro nel tempo, ai Sound System, discoteche mobili formate da un camioncino e un megaimpianto stereo, nate in Giamaica negli anni ’50 e diffuse in Inghilterra a partire da metà anni ’70.

A fine anni ’80 a St. Pauls, quartiere di Bristol, agisce The Wild Bunch, collettivo composto da Robert del Naja (alias 3D), Grant Hart (Daddy G), Andrew Vowles (Mushroom), Nellee Hooper, Milo Dj. Mark Stewart, ex cantante del leggendario Pop Group incoraggia il rapper Tricky Kid (Adrian Thaws) ad esibirsi con loro. In seguito Del Naja, Hart e Wowles decidono di formare un vero gruppo musicale, che chiamano Massive Attack. Il primo album, “Blue Lines esce nel 1991. I tre suonano campionatori e tastiere, le parti vocali sono affidate a Tricky, Shara Nelson e Horace Andy, cantante reggae non molto noto. L’apertura è Safe from harm, canzone basata sul giro di basso di Stratus di Billy Cobham, dove la vocalità soul di Shara Nelson si alterna col rap sussurrato di Tricky.

I maniaci delle catalogazioni trovano difficile etichettare questo album. Ci sono il rap, il reggae, il soul, influenze di new wave e jazz. Poiché la base sono i campionamenti e la battuta bassa dell’hip hop ma l’attitudine è psichedelica viene coniato il neologismo trip hop. Il disco viene quasi ignorato dalla stampa italiana, seguace del diktat di MTV che impone solo rap e metal. Risentito oggi appare come un vero monumento. Sorte diversa per il successivo “Protection (1994). Apre l’omonimo singolo, accompagnato da uno splendido video di Michel Gondry, un unico dolly (movimento della macchina da presa in verticale) che indaga nella vita di un palazzo. Questo disco ha un ottimo successo di pubblico e critica e apre la strada al trip hop come movimento magari non di massa ma conosciuto. Madonna chiede ai Massive Attack di lavorare con lei ad un singolo, ma loro rifiutano per non perdere la finale dei Mondiali di calcio.

Nel frattempo Tricky ha composto molto materiale e nel 1995 pubblica il debutto solista “Maxinquaye” (storpiatura del nome della madre suicida quando lui aveva quattro anni). Tra i tecnici di studio che hanno lavorato coi Massive Attack c’è Geoff Barlow, proveniente dalla vicina Portishead. Poiché tutti chiamano Geoff e la sua amica cantante Beth Gibbons “quelli di Portishead” ecco trovato il nome per un nuovo gruppo. Nel 1994 i Portishead debuttano con “Dummy”, l’altro disco che segna le coordinate del trip hop. Quella che comincia ad essere chiamata “la sacra trimurti di Bristol” conquista adesso pubblico e stampa.

Tra gli appassionati del genere ci sono quelli come me, che cresciuti con generi contaminati come new wave e psichedelia erano stati allontanati dalle novità musicali con lo sdoganamento del Metal imposto da MTV. Sono di Bristol anche Simon Russel e Jim Johnston, che Geoff Barlow ribattezza Monk & Canatella. Il loro primo disco “Care in the community” (1996) è molto riuscito e diventa un piccolo culto. Se vogliamo il trip hop è tutto qui. I musicisti citati continuano la carriera, con alti e bassi, e, Tricky a parte, incidono pochi dischi, alcuni assurgono al culto mentre i Massive Attack, come tutti i capiscuola, diventano un gruppo che è “cool” stroncare.

Sul loro modello nasce una pletora di gruppi: I più noti sono senz’altro i Moorcheeba, Sky Edwards e i fratelli Godfrey, più melodici (si parlò di “trip pop”). Alpha, Mono, Mandalay, Hooverphonic, Sneaker Pimps, sono tutte band che hanno inciso uno o due album di buon livello e poi sono scomparse. Tutti gruppi generalmente più melodici e con meno contaminazioni di stili e un mood pur sempre malinconico ma non ossessivo quanto nei dischi di Tricky o Portishead. Per la critica dell’epoca, la palma della migliore delle uscite extra Bristol va a “Smoker’s delight” (1995) di George Evelyn aka Nightmares on wax. Con questo disco lo stile muta già. Con questi gruppi e soprattutto con nuovi nomi come il duo di Washington Thievery Corporation o i DJ viennesi Kruder & Dorfmeister (che conosciutisi ad una festa decidono di formare un duo data l’incredibile somiglianza con Simon e Garfunkel), autori del magnifico The K&D sessions (1998), si parla ora di “downtempo beat”, ritmi lenti, minor enfasi sui suoni più gravi, maggiore con atmosfere pop e lounge.

Col nuovo millennio ancora una mutazione, le percussioni quasi spariscono, i suoni si fanno ovattati e pseudoetnici. Si parla di “Chill out”, musica per rilassarsi dopo una notte in discoteca, e vengono pubblicate decine di compilation ispirate da locali alla moda di Parigi o Ibiza. Musica piacevolissima, perfetta per un vernissage o un aperitivo sul lungo mare ma lontana mille miglia da Bristol.

* il trend dei desideri: rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato