Franco Floris, sindaco di Andora e membro dell’Ufficio di Presidenza dell’Anci, è intervenuto ieri a Salerno al convegno sul Patto di Stabilità facendo il punto sulle molteplici criticità che devono affrontare le amministrazioni comunali e che, a fronte dei pesanti tagli governativi, richiedono  sia nuove strategie sia rimodulazioni delle leggi nazionali. «È ormai indiscusso – ha spiegato Floris – che le finanze locali stanno vivendo un momento di forte difficoltà. In pochissimo tempo siamo passati da un sistema fondato sui trasferimenti ad un altro basato sull’autofinanziamento. Questo cambiamento obbliga i Comuni a trovare soluzioni non sempre facili per mantenere accettabile il livello dei servizi offerti ai cittadini. Il tutto si inserisce in un momento di grave crisi economica che aggredisce i redditi delle persone impoverendole e rendendole non autosufficienti. Da sempre i Sindaci devono dare risposte comunque anche quando non ne hanno le competenze o le risorse ed in particolare negli ultimi cinque anni hanno dovuto gestire le crescenti tensioni sociali. Va ricordato che la spesa corrente del sistema dei Comuni è in diminuzione e sul versante delle entrate i Comuni hanno subito in soli tre anni una riduzione di risorse pari a 6 miliardi e 450 milioni; analogamente la spesa in conto capitale ha subito nel periodo 2007/2011 una contrazione pari a circa il 23%».

«Il taglio delle entrate dei Comuni ammonta a 1 miliardo e 250 milioni per il solo 2013, un valore assolutamente insostenibile per i bilanci comunali. Ricordo che il contributo del sistema dei Comuni al risanamento della finanza pubblica in termini di risanamento di deficit è pari a 4,5 miliardi di euro. Abbiamo vissuto e stiamo vivendo un momento in cui l’incessante proliferare e mutamento di norme obbliga le amministrazioni ad un continuo cambio di rotta non potendo in nessun modo programmare la propria attività. Questo forse è uno danni più gravi arrecato ai Comuni. Infatti non consentire la programmazione obbliga i Comuni ad approvare i bilanci preventivi in tempi e modi che non consentono di realizzare alcunché. L’IMU, ad esempio, ha avuto in questi due anni tutta una serie di modifiche che, da una parte hanno snaturato il tributo, e dall’altra hanno causato un forte disagio nella gestione dell’imposta con una ricaduta pesantissima sui cittadini. Non concepisco un tributo come questo che escluda del tutto la prima casa, tenendo presente che comunque i residenti ricevono il 100% dei servizi erogati dal Comune. Scaricare tutto sulle seconde case (l’IMU altri immobili vale 11,7 miliardi, pari al 21% delle entrate totali dei Comuni) e cioè su chi non vota, è un sistema a dir poco incoerente».

«Qui si innesta anche un altro elemento di disordine legislativo in tema di proprietà che ha portato ingiustificati vantaggi soltanto a coloro che, proprietari di molte case, hanno potuto risparmiare sull’IRPEF affittando attraverso il sistema della cedolare secca oppure lasciando gli immobili vuoti. Faccio notare che oggi la discussione gravita solo sul togliere o lasciare l’IMU prima casa, (che vale 4 miliardi di euro, pari al 7% delle entrate totali dei Comuni) dimenticando che all’interno del tributo locale vi è un anomalo tributo a favore dello Stato, vedi in particolare il 7,6 per mille sulle categorie D, categorie che non sono in grado in questo momento di forte crisi, e comunque anche in situazioni normali, di pagare cifre veramente importanti».

«Il Comune di Andora ha fatto uno studio mettendo in evidenza i costi che ricadono su queste categorie; ad esempio una struttura alberghiera dai 25 alle 32 camere paga in un anno fra i 15 ed i 18 mila euro, una attività artigianale media (capannone) paga all’anno fra i 2.000 e gli 8.000 euro, un negozio (60 mq) paga all’anno circa mille euro. Io credo che prima di tutto sia assolutamente sbagliato mettere insieme tributi comunali e statali. Ognuno dovrebbe fare la propria parte ed assumersene la responsabilità. L’IMU dovrebbe essere un tributo soltanto comunale, gestito tramite un Regolamento che ne definisca i termini di applicazione armonizzando il tributo e dando a tutti la possibilità di pagare in modo equilibrato senza che il costo di alcune categorie ricada su altre. Analoghi problemi si devono affrontare con la TARES: anche qui l’intervento dello Stato ha complicato la gestione penalizzando alcune categorie più di altre: in particolare i bar, ristoranti i negozi di frutta e verdura, con la spesa comunale sul servizio invariata rispetto al 2012, vedono aumenti compresi fra il 200% ed il 300%; e non dimentichiamo che anche per questo tributo l’ingerenza statale è pesante perché quest’anno lo Stato riscuote direttamente, ma per il tramite dei Comuni, 0,30 cent./€ a mq. Questo tributo va assolutamente rivisto».

«Sul patto di Stabilità più volte abbiamo detto che ha fallito tutti gli obiettivi; l’ANCI ha chiesto da anni una modifica di questo strumento al Governo, ma per tutta risposta è stato applicato anche ai Comuni tra i mille ed i cinquemila abitanti. Questo sistema ha obbligato i Comuni ad accantonare risorse pari a 22 miliardi di euro di cui 11 spendibili domani mattina. In un momento di mancanza di risorse pare veramente immorale chiedere ai cittadini di pagare le tasse per costituire “tesoretti”. Liberare 11 miliardi vorrebbe dire dare servizi, dare lavoro alle imprese e quindi occupazione . Il patto di stabilità deve essere assolutamente tolto ai Comuni fa i 1.000 ed i 5.000 abitanti perché oltre ad essere un problema economico comporta soprattutto problemi tecnici nella gestione che i piccoli Comuni non sanno e non possono affrontare. Per i Comuni sopra i 5.000 abitanti ANCI chiede una modifica immediata che consenta almeno di fare gli interventi assolutamente necessari quali ad esempio quelli finalizzati alla prevenzione sul territorio: a tal proposito ricordo che prevenire costa 1 euro, ma intervenire dopo ne costa ben 7!».

«Come ANCI rilanciamo con forza la “golden rule” cioè in pratica chiediamo di distinguere fra spese di investimento destinate allo sviluppo e come tali definite produttive e spese correnti o anche in conto capitale ovvero improduttive. In conclusione le finanze locali devono essere riordinate in modo globale evitando di affrontare le situazioni nel momento in cui si presentano, evitando di dare risposte o soluzioni legate al problema contingente. Il riordino della finanza locale potrebbe essere un’occasione importante per superare alcuni errori e contrapposizioni che ci hanno portato alla situazione attuale, magari prendendo esempio da esperienze ormai da anni sperimentate e consolidate in altri paesi europei», ha concluso Franco Floris.