di Mary Caridi- Vinti e vincitori. Falchi e colombe e sotto tiro lui, il leader carismatico Berlusconi, dal quale – strattonandosi a vicenda – si tenta di ereditare il futuro controllo del partito. La rinascita di Forza Italia è avvenuta nell’unico modo possibile finora: con la decisione del capo carismatico Silvio Berlusconi. Di imperio, da un giorno all’altro, il pdl perde sedi, organigrammi, coordinamenti, punti di riferimento certi sul territorio. Nel vuoto della transizione e con il leader alle prese con la sua decadenza che a passi svelti si avvicina, è arrivato oggi il momento della resa dei conti interna.

I moderati del pdl comprendono che non c’è posto per loro nella nuova Forza Italia, poiché le posizioni di vertice sono presidiate dai falchi che appaiono estremisti barricaderi. Nulla a che vedere con la moderazione.  I vari Brunetta, Verdini, Santanchè, Capezzone, spingono per le dimissioni di massa e nuove elezioni. Nel momento della massima perdita di lucidità del capo, assumono il controllo assecondando e istigando il suo risentimento per i tradimenti o i nemici (che vede ormai ovunque, in una delirante mania di persecuzione) e spingono Berlusconi nel baratro.

Dimissioni e crisi di governo che sconcertano gli elettori del centro destra e che eccitano, invece, i pasdaran ormai ebbri di lotta e scontri. L’incauta Santanchè – la pitonessa – si era anche azzardata a dire che per Alfano non c’era posto in Forza Italia. Ecco perché in piena crisi e dopo anni di ubbidienza il centro destra ha finito con fare il suo primo congresso di partito in Parlamento.

Non è una questione di tradimenti, ma di linea politica e di cosa sia davvero utile a Berlusconi che sta per uscire di scena. Infiammare e bruciare tutto, come nella scena finale del Caimano di Nanni Moretti, con le truppe cammellate inferocite a urlare al complotto, o assecondare una linea morbida, quella dei moderati che riconoscendo l’impossibilità di un trattamento di favore per il condannato Berlusconi, preveda un futuro di clemenza, magari anche l’amnistia?

Disposti a votare la fiducia contro il parere di Berlusconi – mal consigliato dai falchi – o accodarsi alla fiducia e trattare poi per l’unità del partito? Berlusconi decide da solo e Dio sa quanto deve essergli costata la scelta, se con le mani accartocciate sul grembo, lo sguardo assente e le lacrime che venivano ricacciate a fatica, ha dovuto scegliere il sì alla fiducia.

Alfano ha vinto, Verdini e Santanchè hanno perduto la partita. Non ci saranno nuovi gruppi parlamentari annunciati da Formigoni e Cicchitto,  se sarà ben chiaro che i ministri e uomini del Pdl entreranno in Forza Italia solo se saranno loro ad avere il controllo del partito. Alfano tratta per avere la sua voce in capitolo sulle candidature future dei parlamentari con una quota consistente, sulle regole democratiche del partito. Solo così lo strappo consumato dall’uomo che “non aveva il quid” non diventerà un addio.

La rivincita della politica sui partiti carismatici e antidemocratici si è ormai consumata e travolgerà anche Grillo, perché dopo Berlusconi nulla sarà più lo stesso nel panorama della politica italiana.

* A modo mio: la rubrica Corsara di Mary Caridi