La cameriera fa le bizze, il vecchio padrone è bell’e gabbato, il lunatico direttore d’orchestra prima canticchia e poi sbraita, alle prese con musicisti che sbagliano il solfeggio: ma alla fine tutto finisce per il meglio, in un armonico fracasso. Pillole di saggezza settecentesca per tutte le epoche e per tutte le età…

Sabato 9 novembre, alle ore 20.30, al Teatro Chiabrera di Savona vanno in scena due intermezzi buffi: La Serva Padrona di Giovanni Battista Pergolesi e Il Maestro di Cappella di Domenico Cimarosa, terzo appuntamento nell’autunno dell’Opera Giocosa. Lo spettacolo per le scuole, è invece previsto per domani, venerdì 8 novembre, alle ore 10.30.

Nuova produzione e nuovo allestimento del Teatro dell’Opera Giocosa O.N.L.U.S. di Savona. Cast: Barbara Bargnesi e Filippo Morace. Orchestra Sinfonica di Sanremo; direttore Giovanni Di Stefano. Regia di Jacopo Marchisio, scene del Laboratorio del Teatro dell’Opera Giocosa, costumi della Sartoria Teatrale Arrigo di Milano. Realizzazione dei recitativi al clavicembalo, Gianluca Ascheri.

La biglietteria, presso il Teatro Comunale Chiabrera, P.zza Diaz, 2 – Savona, avrà i seguenti orari: dal lunedì al sabato dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 16 alle ore 19; sarà comunque possibile acquistare il biglietto un’ora prima dello spettacolo e direttamente on line sul sito dell’Opera Giocosa. La vendita dei biglietti Last minute è attivata mezz’ora prima dell’inizio di ogni spettacolo e applicata sui posti disponibili e non prenotati. Per informazioni, telefonare al numero 019 8485974 oppure al numero 366 6726682. È possibile scaricare il libretto dell’opera su: http://www.operagiocosa.it/serva_2013.htm

La Serva Padrona, brillante, arguta, realistica, apre un’epoca, abbandona i rigidi stilemi dell’opera seria settecentesca, le sue auliche ambientazioni e sceglie la quotidianità, l’immediatezza dei dialoghi, dei gesti, il vivace confronto tra i personaggi, che risultano fortemente caratterizzati, colti nel loro dinamismo estremo. Il linguaggio musicale cambia, non più l’aria statica, stereotipata espressione degli affetti, bensì il vivace scambio di battute tra i soggetti in scena; il ritmo è incalzante, i segmenti melodici sono brevi, indipendenti e incisivi. Insomma, La serva padrona, per tradizione, dà il la al teatro comico. Ma è eccessivo sostenere che la Serva Padrona abbia inventato l’opera buffa. Semplicemente, le circostanze in cui fu rappresentata, quel 1º agosto 1752 a Parigi, le hanno conferito un ruolo chiave nella definizione del genere. L’operina era nata già venti anni prima, nel 1733, e in tutt’altro contesto: era stata concepita come intermezzo tra gli atti del dramma per musica Il prigionier superbo di Pergolesi stesso, secondo una tradizione all’epoca ormai consolidata, specie a Napoli. Essa divenne un manifesto polemico proprio a partire da quella successiva rappresentazione parigina ad opera della compagnia di Eustachio Bambini: il clima culturale era infatti assai teso, percorso dalle idee dei philosophes illuministi, pronti a mettere in discussione i valori nazionali. L’intermezzo di Pergolesi arrivava al momento giusto, perché rispecchiava perfettamente, in campo musicale, l’idea di teatro illuminista: piacevole invenzione melodica, freschezza e semplicità in alternativa alla pesantezza e difficoltà propria della tradizione operistica francese. Di qui si scatenò la cosiddetta Querelle des bouffons, una accesa polemica di vastissime proporzioni che contrapponeva i philosophes – in prima linea Jean_jacques Rousseau – ai “conservatori”, accesi sostenitori della nazionale tragedie lirique nella linea che univa Lully a Rameau. Fu appunto Rousseau a sostenere a piena voce la musica italiana nella famosa Lettre sur la musique française (1753) e scrivendo, su modello de la Serva padrona, l’operina Le devin du village, rappresentata a Fontainebleau in quello stesso 1752.

Il Maestro di Cappella è un unicuum nel panorama del teatro musicale: la sua impostazione e la sua struttura musicale sono anomale – c’è un solo personaggio in scena – e rimandano, più che all’intermezzo, alla cantata o ad un ampliamento di un’aria per basso e orchestra. Incerta è pure la data di composizione, che dovrebbe aggirarsi tra il 1786 e il 1793, durante la permanenza di Cimarosa in Russia o nel successivo soggiorno viennese. Sicuramente il pezzo incontrò subito il gusto del pubblico: già nel 1810 veniva infatti pubblicato a Lipsia. La gustosa parodia di un compositore settecentesco alle prese con i suoi esecutori durante una prova d’orchestra gioca su un libretto farcito di termini tecnici, che suggeriscono così realisticamente la caricatura del maestro di cappella. La struttura musicale dell’opera è particolarmente interessante: dopo un recitativo accompagnato che introduce le prove, l’aria propone, nel quadro di un fantasioso disordine, una sorta di campionario dei timbri strumentali dell’orchestra dell’epoca. In una terza fase, le varie parti proposte dal maestro vengono dapprima intonate dalle diverse sezioni orchestrali e quindi integrate – mentre la voce tace – in una pagina di grande vigore sinfonico, del tutto degna di comparire in apertura di un’opera coeva.