Omaggio a Michel Petrucciani

di Alfredo Sgarlato – Non ho mai avuto la fortuna di veder suonare Michel Petrucciani dal vivo, forse per questo quando sono riuscito a vedere un suo concerto in televisione fu per me indimenticabile. Sapevo che il formidabile pianista soffriva di un handicap fisico ma non sapevo quale, per cui vederlo suonare era sconcertante. Petrucciani soffriva di “osteogenesi imperfetta”, detta anche “Sindrome delle ossa di cristallo”. Il suo sviluppo si era fermato a un metro e due centimetri di altezza e qualsiasi movimento poteva spezzargli le ossa. Sembrava contemporaneamente un vecchio e un bambino. Veniva portato sul palco in braccio dal fratello e seduto al piano. Quindi iniziava a suonare con una velocità e una forza impressionanti. Pare che l’avere le ossa più leggere gli conferisse una tecnica incredibile.

Michel cominciò a suonare la batteria e il piano a quattro anni; il padre, musicista jazz dilettante, lo voleva concertista classico, ma ben presto fu rapito dal jazz pure lui: a nove anni era già un pianista ineccepibile e a tredici un musicista professionista. A diciassette anni, dopo aver suonato in Francia con Clark Terry, Kenny Clarke e Lee Konitz, decise di trasferirsi in California, dove fu praticamente adottato dal sassofonista Charles Lloyd. Non sapeva una parola di inglese, lo imparò in pochi giorni e, dopo pochi mesi, lo padroneggiava come un letterato.

Vedendo il bel documentario “Michel Petrucciani: Body and Soul” girato da Michael Radford (il regista de “Il postino”), mi sono fatto l’idea che che, aldilà del talento pianistico, Petrucciani fosse in assoluto dotato di un intelligenza superiore. Bisogna però fare la tara ai molti aneddoti che si raccontano su di lui: Petrucciani amava divertirsi e divertire, faceva il pagliaccio, nel senso buono del termine, e ogni suo racconto veniva romanzato e ingigantito. Per esempio c’è chi lo racconta come un tossico da paura e chi come in individuo assolutamente pulito in tal senso. Quello che è certo è che ebbe cinque mogli e due figli, uno dei quali soffre della sua stessa sindrome seppur in forma meno grave.

Petrucciani compirebbe domani (venerdì 28) cinquant’anni; il 6 gennaio del 1999 morì. Ha inciso nella sua breve vita oltre trenta dischi. La sua tecnica era prodigiosa e nessun altro sapeva suonare così veloce senza però scadere in virtuosismi di dubbio gusto (confesso però che stilisticamente amo di più altri pianisti, come McCoy Tyner e Bill Evans), era anche un ottimo compositore. Fu una delle tante stelle che attraversò il cielo della musica per una stagione troppo breve; forse il destino, dopo avergli dato un talento enorme a compensare il suo handicap fisico, lo ha invidiato troppo.

* il trend dei desideri: rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato