25 aprile, presidente Napolitano ricorda Pertini: un onore per l’Italia e per la Repubblica

di Fabrizio Pinna – “È stato – dobbiamo dirlo – un onore per l’Italia, un onore per la Repubblica, avere tra i suoi Presidenti Sandro Pertini”. Nel 65° anniversario della Liberazione e a vent’anni dalla sua morte, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel discorso tenuto sabato a La Scala di Milano per le celebrazioni del 25 aprile ha voluto, con commozione, ricordare la nobile, generosa figura del savonese di Stella San Giovanni, il più “popolare” dei suoi predecessori alla più alta carica dello Stato.

Al centro dell’applaudito discorso del presidente Napolitano, non solo la più stretta attualità, con ancora una volta l’invito espresso alla necessità di instaurare un clima politico che non sacrifichi al “particulare” l’interesse nazionale, ma anche – alla vigilia del 150° anno dalla nascita dello Stato unitario, “una conquista e un ancoraggio irrinunciabili” – una meditazione sul senso della memoria storica nella costruzione di una più forte unità e identità nazionale, problema che attraversa la storia d’Italia fin dalle sue origini, si può dire, e fuoco di numerosi dibattiti anche negli ultimi decenni.

“Siamo chiari. Se noi tutti, Nord e Sud, tra l’800 e il 900, entrammo nella modernità, fu perché l’Italia si unì facendosi Stato; se, 150 anni dopo, siamo un paese democratico profondamente trasformatosi, tra i più avanzati in quell’Europa integrata che abbiamo concorso a fondare, è perché superammo i traumi del fascismo e della guerra, recuperando libertà e indipendenza, ritrovando la nostra unità”, ha ribadito Napolitano respingendo anacronistiche fantasie separatiste che pure non mancano di fare ancora oggi ogni tanto apparizione nelle cronache dei giornali e in qualche comizio (“Solo se ci si pone fuori della storia e della realtà – ha aggiunto – si possono evocare con nostalgia, o tornare a immaginare, più entità statuali separate nella nostra penisola”).

Nel quadro dello sviluppo di “autonomie regionali e locali” costituzionalmente garantite e di un’Italia inserita nell’“Europa sempre più integrata e assertiva sulla base di istituzioni comuni”, “la nostra unità nazionale resta punto di forza e leva essenziale” per “contare in Europa e per contare nel mondo di oggi e di domani”, ha sottolineato il presidente della Repubblica. Uno “slancio” verso il futuro che però non può che trovare significato e vigore nel “diffondersi tra gli italiani di un più forte senso dell’identità e unità nazionale”, le quali affondano le loro radici nella storia traendo linfa vitale anche dagli esempi più nobili del nostro passato, come la Resistenza – restituita alla sua dimensione storica e fattuale – in grado di conservare il suo valore nella coscienza e collettiva identità nazionale, lontana da vulgate agiografiche e mitologemi così come da riduzionismi denigratori ad uso puramente politico, ideologico e strumentale. Questo anche il senso della celebrazione del 25 aprile, “non solo Festa della Liberazione” ma “Festa della riunificazione d’Italia” che “dopo essere stata per 20 mesi tagliata in due” “si riunifica, nella libertà e nell’indipendenza”, il “25 aprile come storica giornata di riscatto nazionale, al di là di ogni caratterizzazione di parte”, di rinato sentimento di genuino patriottismo risarcito dopo gli ultimi anni bui della guerra nel “ritrovamento della propria fierezza e identità di italiani”.

“L’identità, la consapevolezza storica, l’orgoglio nazionale di un paese traggono forza dalla coltivazione e valorizzazione di fatti, di figure, di simboli, in cui il popolo, in cui i cittadini possano riconoscersi traendone motivi di fierezza e di fiducia”, ha ricordato nel suo discorso il presidente Napolitano; da qui le sue parole rivolte alla memoria  e alla figura emblematica di Sandro Pertini: “L’omaggio che oggi gli rendo, anche con forte sentimento personale per il rapporto che ci fu tra noi, vorrei fosse però incitamento ed auspicio per un nuovo, deciso impegno istituzionale, politico, culturale, educativo diretto a far conoscere e meditare vicende collettive ed esempi personali che danno senso e dignità al nostro essere italiani come eredi di ispirazioni nobilissime, di insegnamenti altissimi, più forti delle meschinità e delle degenerazioni da cui abbiamo dovuto risollevarci”. “Un impegno siffatto – ha tuttavia constatato con amarezza il presidente –  è mancato, o è sempre rimasto molto al di sotto del necessario”.

Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “[…] Nella mia rapida rievocazione del ruolo di Milano in quegli eventi [della Resistenza], è risuonato il nome di Sandro Pertini. E non c’è migliore occasione di questa per ricordarlo a vent’anni dalla scomparsa. Perché il suo nome spicca in tutto il percorso della Resistenza, tra quelli che da Milano la guidarono, come protagonisti del Comitato di Liberazione Alta Italia, del Comando del Corpo Volontari della Libertà, del Comitato insurrezionale.

Fu combattente instancabile, senza eguali per slancio, audacia, generosità, a cominciare dalla partecipazione – all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre – al disperato tentativo di resistere ai tedeschi nel cuore di Roma, a Porta San Paolo, dopo che il Re è fuggito a Pescara e la capitale è stata militarmente abbandonata. Pertini è lì, reduce da lunghi anni di carcere, di confino e di esilio; è lì anche da vecchio combattente, medaglia d’argento, della prima guerra mondiale. Ne uscirà capo dell’organizzazione militare del Partito socialista per l’Italia centrale occupata. Ma già il 15 ottobre viene arrestato, insieme con Giuseppe Saragat e altri socialisti, invano interrogato per due giorni e due notti in Questura, rinchiuso a Regina Coeli (inizialmente nel braccio tedesco), fino a quando tutto il gruppo dei sette socialisti poté evaderne grazie a un piano ingegnoso che ebbe tra i suoi registi un grande patriota, poi eminente giurista e uomo pubblico, Giuliano Vassalli.

Pertini riprese così il suo posto nella lotta contro l’occupazione tedesca, cui si dedicò, da Roma, in tutti i primi mesi del ’44: il 3 aprile Vassalli fu trascinato nella famigerata via Tasso e sottoposto ad ogni violenza dalle SS. Nel mese successivo si avviano colloqui al più alto livello in Vaticano con il comandante delle SS in Italia per evitare la distruzione della capitale (e da quei contatti scaturì anche la liberazione di Vassalli). Il progetto dell’insurrezione a Roma viene accantonato; Pertini sceglie allora, a metà maggio, di partire per Milano, perché “lassù” – disse – “c’era tanto da fare e da combattere”. E da Milano si muoverà per portare il suo contributo e il suo impulso in tutto il Nord.

A luglio è chiamato a Roma per consultazioni politiche: ma si ferma a Firenze per partecipare all’insurrezione fino a liberare la città dai tedeschi. Giunto a Roma, freme per tornare al più presto a Milano: e per raggiungere quella meta compie un viaggio quanto mai avventuroso, in aereo fino a Digione in Francia, e poi valicando con una guida il Monte Bianco. Di lì a Cogne e a Torino, e finalmente a Milano, in tempo per contribuire a organizzare e guidare la fase finale della guerra di Liberazione.

L’immagine conclusiva del suo impegno – come poi dirà la motivazione della medaglia d’oro al valor militare – di “prezioso e insostituibile animatore e combattente” della Resistenza, è rimasta consegnata alla fotografia che lo ritrae mentre tiene il suo primo discorso, dopo decenni di privazione della libertà, il 26 aprile 1945 a Piazza del Duomo. È stato – dobbiamo dirlo – un onore per l’Italia, un onore per la Repubblica, avere tra i suoi Presidenti Sandro Pertini.

L’omaggio che oggi gli rendo, anche con forte sentimento personale per il rapporto che ci fu tra noi, vorrei fosse però incitamento ed auspicio per un nuovo, deciso impegno istituzionale, politico, culturale, educativo diretto a far conoscere e meditare vicende collettive ed esempi personali che danno senso e dignità al nostro essere italiani come eredi di ispirazioni nobilissime, di insegnamenti altissimi, più forti delle meschinità e delle degenerazioni da cui abbiamo dovuto risollevarci. Un impegno siffatto è mancato, o è sempre rimasto molto al di sotto del necessario. Abbiamo esitato, esitiamo a presentare in tutte le sue luci il patrimonio che ci ha garantito un posto più che degno nel mondo: esitiamo per eccessiva ritrosia, per timore, oltre ogni limite, della retorica e dei miti, o per sostanziale incomprensione del dovere di affermare, senza iattanza ma senza autolesionismi, quel che di meglio abbiamo storicamente espresso e rappresentiamo.

E questo amaro discorso vale per le grandi pagine e le grandi figure del processo che condusse, 150 anni fa, all’Unità d’Italia; così come per le più luminose pagine e figure dell’antifascismo e della Resistenza. Perfino a Sandro Pertini, che pure è stato Presidente amato e popolare, non abbiamo – al di là di quel che con affetto lo ricorda nella sua terra natale [a Stella San Giovanni, Savona]- saputo dedicare un memorial, un luogo di memorie, come quelli che in grandi paesi democratici (si pensi agli Stati Uniti d’America) onorano e fanno vivere le figure dei maggiori rappresentanti della storia, per quanto travagliata, della nazione.

Eppure, l’identità, la consapevolezza storica, l’orgoglio nazionale di un paese traggono forza dalla coltivazione e valorizzazione di fatti, di figure, di simboli, in cui il popolo, in cui i cittadini possano riconoscersi traendone motivi di fierezza e di fiducia. Naturalmente, l’impegno che sollecito, riferito alla Resistenza, esige – per dispiegarsi pienamente, per ottenere riscontri positivi e suscitare il più largo consenso – la massima attenzione nel declinare correttamente il significato e l’eredità della Resistenza, in termini condivisibili, non restrittivi e settari, non condizionati da esclusivismi faziosi. […]”. Dal discorso del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano pronunciato a La Scala di Milano, sabato 24 aprile 2010