Il calo del potere d’acquisto degli anziani nello studio di un giovane ricercatore ingauno

di Alessandro Sbarile – Il Dottor Matteo Della Valle, giovane ingauno dottore di ricerca del Dipartimento di Economia e Metodi Quantitativi della Facoltà di Economia dell’Università di Genova, ha appena messo a punto uno studio relativo al potere di acquisto di alcune fasce di popolazione, con particolare attenzione agli anziani.

“Questa categoria- afferma Della Valle- sta sopportando un’inflazione superiore (quindi una maggiore perdita di potere d’acquisto) perché ha abitudini d’acquisto differenti: ad esempio investe di più in prodotti di carattere sanitario o alimentare e meno in abbigliamento, pertanto il peso di queste categorie merceologiche è più elevato nel paniere della popolazione anziana. Siccome la dinamica dei prezzi di questi beni è stata più elevata, ciò ha influito di più su questo gruppo di popolazione; la dinamica dei prezzi è la variazione nel tempo dell”indice dei prezzi, il quale calcolati dall’ISTAT, misura la variazione in un certo arco di tempo dei prezzi di un determinato paniere di beni e servizi effettivamente consumati nel Paese”.

“Ovviamente-prosegue Della Valle- poiché ogni individuo ha un diverso comportamento di consumo, che deriva principalmente dal reddito disponibile, dalle preferenze, dall’età, dalla struttura familiare e dalla condizione professionale dei componenti; non tutte le famiglie della popolazione potranno riconoscersi nelle variazioni calcolate da tali tipi di indice. In base alle caratteristiche di questi gruppi (età del capofamiglia, alla sua condizione professionale ed alla presenza o meno di figli nel nucleo) è possibile misurare indici di prezzo al consumo per sottopopolazioni che tengano conto delle specificità dei gruppi considerati per meglio stimare l’impatto della dinamica dei prezzi su queste categorie”.

Venendo alle conclusioni, il giovane ricercatore afferma che: “La superiore dinamica dei prezzi dei servizi rispetto a quella degli altri beni porta ad ipotizzare che vi siano gruppi di popolazione che sopportano un’inflazione più elevata rispetto a quella della popolazione generale. Questo lavoro, utilizzando un procedimento consolidato in letteratura, calcola l’indice dei prezzi al consumo per diversi sotto-gruppi di popolazione, disaggregando i dati su base regionale e macro-regionale per evidenziare eventuali differenze legate alla zona geografica di residenza”.

“I risultati ottenuti- continua Della Valle- mostrano in effetti sensibili diversità tra i vari gruppi considerati; per quanto riguarda le sub-popolazioni in base alle classi di età si nota che la dinamica dei prezzi per le famiglie il cui capofamiglia è pensionato è stata superiore rispetto alla dinamica generale e stesso risultato si ha per le famiglie il cui capofamiglia ha più di 64 anni.

Per quanto concerne le stime che si riferiscono al lavoro dipendente ed autonomo, si nota che la dinamica dei prezzi al consumo per le famiglie il cui capofamiglia è un lavoratore dipendente e quelle in cui è un lavoratore autonomo mostrano risultati simili e in entrambe le situazioni inferiori alla crescita dell’indice generale.

Le stime, infine, riguardanti la composizione dei nuclei familiari mostrano che le famiglie con figli hanno mediamente subito un’inflazione inferiore rispetto alla popolazione generale e che le persone che vivono sole sopportano invece un’inflazione sensibilmente più elevata”.

“Dato l’algoritmo che si è deciso di utilizzare nei calcoli- precisa Della Valle- la distribuzione dei pesi è ovviamente la causa dei diversi andamenti degli indici dei prezzi al consumo delle varie categorie considerate. In particolare, sicuramente uno dei prodotti che più ha influito sulla diversa dinamica degli indici dei prezzi per le varie sottopopolazioni è “abitazione””.

“L’andamento degli indici per sotto-gruppi ha mostrato anche risultati differenti tra le varie macro-aree d’Italia. In linea generale, le dinamiche sono più marcate nell’Italia centro-settentrionale, con picchi per l’Italia nord-orientale. Questo comporta degli squilibri dal punto di vista reddituale: viene dimostrato infatti che la dinamica dei prezzi al consumo ha avvantaggiato coloro che abitano nelle regioni meridionali che si sono visti aumentare il reddito reale”.

“Un’ulteriore implicazione- conclude Della Valle- riguarda il sistema previdenziale. Se per l’indicizzazione delle pensioni venisse utilizzato l’indice dei prezzi dei pensionati anziché quello generale, si avrebbe un impatto diverso sui benefici pensionistici e sulla spesa previdenziale complessiva dello Stato. Ad esempio, si è calcolato che se tale indice fosse stato utilizzato dal 1996 (anno in cui inizia la stima “A” a pesi fissi) i pensionati riceverebbero dai 12 ai 84 euro in più l’anno ma le finanze pubbliche avrebbero un costo aggiuntivo di circa 871 milioni di euro l’anno”.

Importo

Numero pensioni al 2009 in milioni (valore mediano dell’importo per 13 mensilità)

Importo annuale nel 1996 in euro

Indice dei prezzi generale

Indice dei prezzi dei pensionati

Montante in base ad indice generale al 2009

Montante in base ad indice pensionati al 2009

Differenza in euro

Peso sulla finanza pubblica nel 2009 in milioni di euro

Fino a 499,99 euro

3,47

3250

2,586%

2,607%

4529,27

4541,34

12,07

41,85

500-999,99

4,50

9750

2,586%

2,607%

13587,82

13624,03

36,20

125,55

1000-1499,99

3,69

16250

2,586%

2,607%

22646,37

22706,71

60,34

209,26

1500-1999,99

2,05

22750

1,940%

1,955%

29203,43

29262,14

58,71

203,60

2000 e più

1,94

32500

1,940%

1,955%

41719,19

41803,06

83,87

290,86

TOTALE

15,62

871,13