Agricoltura Liguria: filiera corta e piatti a Km zero

Favorire la “filiera corta”, la vendita e il consumo di prodotti regionali e stagionali da consumare dove si producono, nei mercati agricoli, al ristorante e nella ristorazione collettiva, comprese le mense scolastiche e ospedaliere.

Per avvicinare gli agricoltori e queste realtà e privilegiare il consumo di ortaggi freschi, frutta di stagione, vini, miele, formaggi, olio extravergine di oliva, paste, insaccati e tante altre specialità liguri la giunta Burlando, su proposta dell’assessore all’Agricoltura Giovanni Barbagallo, ha approvato un disegno di legge ad hoc.

“La legge regionale sulla “filiera corta”, ha spiegato l’assessore all’agricoltura Giovanni Barbagallo, a margine della seduta della seduta del Consiglio Regionale – si inserisce in una più ampia strategia di sostegno alle produzioni agricole regionali tipiche e di qualità, che ha visto negli ultimi anni l’approvazione di altri importanti provvedimenti come la legge regionale sugli itinerari dei gusti e dei profumi di Liguria del 2007, quella sulle produzioni biologiche del 2009), e l’avvio delle risorse messe in campo con il Programma di Sviluppo Rurale.

“La filiera corta, favorendo il più possibile il rapporto commerciale diretto fra aziende agricole e consumatore finale, riduce il numero di operatori economici della catena distributiva, rafforza i margini di competitività delle produzioni agricole e, nel contempo, favorisce le condizioni per un prezzo finale più equo sia per i produttori sia per i consumatori”, puntualizza Barbagallo.

Il disegno di legge della giunta ligure, oltre a favorire il turismo italiano e straniero legato all’eno-gastronomia, in notevole crescita anche in Liguria , punta a sviluppare, a sostenere e a promuovere l’approvvigionamento di prodotti freschi e di qualità del territorio da parte della ristorazione collettiva di scuole, ospedali, strutture assistenziali coinvolgendo anche gli operatori commerciali, ristoranti e trattorie che potranno cogliere le opportunità offerte da una cucina a chilometri-zero.

“Con il risultato di poter offrire agli studenti, ai pazienti, ai cittadini e ai turisti i piatti tipici della tradizione alimentare ligure, spesso dimenticati, preparati con prodotti di qualità di cui si conosce la provenienza, le qualità specifiche, il metodo di coltivazione, i valori nutrizionali”, spiegano in Regione Liguria.

Il ddl prevede anche la certificazione dei ristoranti che offrono un “menu tipico regionale”, secondo normative della Regione Liguria, insieme con le Camere di Commercio liguri. La nuova legge darà ai comuni la facoltà di associarsi e di aprire mercati agricoli di vendita diretta , ma esclusivamente da parte degli imprenditori agricoli e comprende anche l’istituzione di una elaioteca regionale per far conoscere e valorizzare l’olio d’oliva extravergine della Liguria, in particolare i Dop e quelli ottenuti con metodi di agricoltura biologica e integrata, e altri prodotti frutto della lavorazione delle olive.

2 Commenti

  1. E speriamo che la si finisca di vendere olio Pugliese come olio Ligure,specificate nell’etichetta che se vi è la dicitura olio Italiano questo non vuol dire che sia olio Ligure,come tantissimi spacciano, forti di nomi illustri che sono sul mercato da decenni,ma mischiano olio Ligure con oli provenienti dal mediterraneo,quindi Grecia Marocco ecc.ecc. se si vuole un olio Ligure nell’etichetta vi è scritto prodotto ed imbottigliato in località ligure con olive liguri,vi sono molti che sviano la legge non inserendo la dicitura olive liguri, ma solo prodotto ed imbottigliato in Liguria,questi facilmente mischiano le olive Liguri con quelle provenienti da altre zone d’Italia e non solo,diffidare dalla sola dicitura imbottigliato in località ligure,la maggior parte di queste sono oli che arrivano da tutt’altre zone,ovviamente i prezzi cambiano,esempio un extravergine di Bitonto costa all’ingrosso c.a € 4/5,00 al Kg acquistandone molti quantitativi si arriva ad avere anche un prezzo inferiore,imbottigliato in Liguria viene venduto ad €9/11,00al litro c.a. Il consumatore vuole chiarezza,cosa che fin ora non vi è stata,ed è anche per cio che la Regione hà perso di immagine,sono promotore della filiera corta,ma come esitono i mercati del pesce che fanno le aste ogni mattina,dovrebbero esistere anche i mercati dei prodotti della terra con lo stesso criterio,io acquisto prodotti da agricoltori diretti,ma a volte costano maggiormente che acquistati dai grossisti,altro discorso sul basilico,di cui la Liguria dovrebbe farne il suo fiore all’occhiello,anche li’ vi sono i furbetti che usano basilico proveniente da tutt’Italia,hò addirittura surgelato come usano molti ristoratori,il basilico ligure in inverno costa €20,00 al kg in estate €5/6,00 al kg,va tenuto conto che vi è molto scarto i gambi vengono eliminati per fare un buon pesto,i pinoli anche li vi è prodotto cinese ad €16,00 al kg.mentre il Pisa che è migliore €28,00 al kg,il mediterraneo quindi Spagna Grecia Marocco €19/21,00al kg. ,tutto cio dimostra che ora mai è una giungla,l’utente finale non è informato su moltissimi aspetti,e per molti addetti ai lavori diventa piu appetibile lo spendere meno,per aver un maggior profitto,dando un prodotto discreto,con la crisi in atto ,moltissimi costi fissi e tasse la scelta è quasi obbligata. Ed ora spett. Barbagallo ci dica cosa si deve fare,aspettiamo con ansia.

  2. al signor barbagallo le consiglio di andare a vedere la filiera corta della coop di albenga. ha costruito una cattedrale nel deserto anche con soldi pubblici. non e’ stato fatto un serio esame o una ricerca di mercato per verificare le potenzialita’ di questo intervento in confronto al tipo di agricoltura di albenga. si va avanti tutto con leggerezza e senza professionalita’. si pensa a avantaggiare dipendenti interni senza esperienza fautori del proprio orticello solo perche’ amici del presidente di turno pivello e inespero. oggi i mercati agricoli devono essere approfonditi all’estero con esperti recepiti dai settori specifici, i direttori generali fanno acquisiti nelle gia’ formate cooperative agricole dell’emiliano cosi come i direttori commerciali devono provenire dal settore specifico del florovivaismo toscano o emiliano. rifletta signo barbagallo e poi se ne faccia una ragione di cosa abbiamo ad albenga.

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