Political Essay – Cultura politica e legge elettorale

di Franco Astengo – La Corte Costituzionale ha bocciato i due quesiti referendari relativi alla legge elettorale. Un esito che apre, necessariamente, la strada alla riapertura di un ampio dibattito sul tema, considerato che la legge attualmente in vigore per l’elezione della Camera e del Senato appare totalmente inaccettabile per una molteplicità di ragioni che non è il caso di riassumere anche in questa sede, considerato che sono state analizzate a lungo, in più riprese e con grande capacità d’analisi.

Il tema di una nuova legge elettorale si pone così al centro di una fase politica che con un eufemismo potrebbe essere definita come di grande delicatezza, sia per la situazione economica sia per quella politica, sia sul piano internazionale, sia sul piano interno laddove appare possibile, dopo la formazione del governo Monti, addirittura un passaggio di complessivo riallineamento del sistema.

Pur in un frangente così complesso le formazioni politiche operanti all’interno del sistema italiano non riescono, però, ad impostare una discussione credibile, tale da suscitare l’ipotesi di una conclusione positiva: si tratta dell’ennesima dimostrazione di un ritardo accumulato da anni nella capacità di sviluppare un’analisi di fondo sulle forme e le strutture dell’agire politico.

Un’analisi che proprio non si riesce a far decollare. La realtà della profonda crisi economica e sociale richiederebbe, prima di tutto, un salto di qualità sul piano culturale, attraverso l’avvio di un serio tentativo di ricostruzione di una sintesi progettuale.

Una sintesi da realizzarsi riuscendo a oltrepassare le espressioni correnti dell’individualismo dominante (frutto dell’approccio neo-liberista ormai introiettato, fin dai primi anni’90, anche dalla sinistra italiana di tradizione socialista e comunista: salvo alcune eccezioni rimaste minoritarie).

È stato attraverso le espressioni dell’individualismo che si sono affrontate, almeno fin qui, le cosiddette contraddizioni “post-materialiste”.

Quelle contraddizioni “post-materialiste” che Inglehart, fin dal 1997, ha definito come “le scelte sullo stile di vita che caratterizzano le economie post-industriali”.

Oggi, proprio la realtà della crisi globale (delle quale, almeno in questa sede, non enucleiamo le caratteristiche specifiche per evidenti ragioni di economia del discorso) reclama il ritorno all’espressione di valori orientati, invece: “alla disciplina e all’autolimitazione, che erano stati tipici delle società industriali”.

Appaiono evidenti le esigenze che sorgono nel merito della programmazione, dell’intervento pubblico in economia, della redistribuzione del reddito, dell’eguaglianza attraverso l’espressione universalistica del welfare, del ritorno a una “dimensione geografica” (quest’ultimo punto, per quel che ci riguarda, dovrebbe chiamarsi “Europa politica” da ricostruire oltrepassando l’Europa delle monete).

 Dal nostro punto di vista il tema della legge elettorale risulta, così, strettamente collegato a quello della presenza politico-istituzionale di una sinistra capace di elaborare un “progetto di sintesi” (lo abbiamo già definito, in altra occasione “programma comune”, ponendoci nella dimensione di un aggiornamento storico delle nostre coordinate di fondo, oltrepassando così quegli elementi di distintività identitari causa delle divisioni del passato).

Perché questo stretto legame? Ripercorriamo velocemente le caratteristiche dei due principali sistemi elettorali: il maggioritario (nella cui direzione ci si è rivolti, in Italia, al fine di costruire un artificioso bipolarismo).

L’idea del maggioritario è stata frutto, al momento dell’implosione del sistema politico nei primi anni’90, di una vera e propria “ubriacatura ideologica”, strettamente connessa all’ondata liberista: non si sono avuti risultati sul terreno della frammentazione partitica e su quello della stabilità di governo (sono, forse, diminuite le crisi  formali ma di molto accresciute, se guardiamo anche alla stessa fase più recente fibrillazioni che hanno causato fasi di vera e propria ingovernabilità).

Inoltre il maggioritario ha aperto la strada allo svilimento nel ruolo delle istituzioni, alla crescita abnorme della personalizzazione (fenomeno che ha colpito duramente a sinistra, al punto da renderla in alcune sue espressioni di soggettività del tutto irriconoscibile), alla costruzione di quella pericolosissima impalcatura definita “Costituzione materiale” attraverso l’esercizio della quale si tende verso una sorta di presidenzialismo surrettizio, all’allargamento del distacco tra istituzioni e cittadini.

Il sistema proporzionale (quello “vero”, non certo quello del sistema elettorale vigente, sul quale- ripetiamo – non spendiamo parole ma un velo pietoso) è stato accusato di rappresentare, nel passato recente della storia d’Italia, il veicolo di quel consociativismo considerato l’origine di tutti i mali del sistema politico, inefficienza e corruzione “in primis”.

Preso atto di tutto ciò cogliamo l’occasione per esprimere una valutazione di fondo favorevole al sistema proporzionale: il proporzionale, infatti, rappresenta un sistema fondato necessariamente sul ruolo dei partiti, quali componenti fondamentali di una democrazia stabile, inoltre lo scrutinio di liste esige, necessariamente, un diverso equilibrio tra le candidature, affrontando così il tema del decadimento complessivo della classe politica.

Interessa, però, soprattutto il legame tra sistema elettorale e struttura dei partiti.

È questo il punto fondamentale del discorso che intendiamo sostenere in questa sede: la sinistra ha bisogno di un’adeguata soggettività politica che, proprio alla presenza di un’articolazione così evidente nelle richieste della società , produca reti fiduciarie più ampie e meno segmentate, più aperte verso le istituzioni, in grado di essere considerata produttrice e riproduttrice di capitale sociale, di allentare la morsa del particolarismo dilatando anche le maglie delle appartenenze locali e rilanciando il “consolidamento democratico”.

Questo obiettivo si può realizzare riportando in campo l’idea di un soggetto politico unitario della sinistra italiana, collocato di là dalle passate dimensioni ideologiche, capace di produrre un progetto di società alternativa e di diffondere egemonia culturale: un partito capace di recuperare una propria, autonoma, dimensione e struttura di massa presente in profondità nelle pieghe della società italiana, esprimendosi anche con una forte valenza di sintesi al riguardo dei grandi temi internazionali e interloquendo e collegandosi, a quel livello, con soggetti di altri paesi.

Quest’ultimo sarebbe il tema della proiezione europea non soltanto della sinistra, ma dell’intero sistema politico italiano.

Un tema che dovrà, comunque, essere affrontato nel breve periodo da tutti i soggetti interessati a esprimersi sul terreno di una proposta di vera alternativa a questo sistema politico avviato ormai verso la crisi più profonda.

* Franco Astengo – Savona, politologo